Madeleine Delbrel

Madeleine Delbrêl

Laica consacrata

Assistente sociale

Madeleine si racconta

Sono nata a Mussidan, in Francia, il 24 ottobre del 1904. Come tanti bambini, ho ricevuto la prima comunione a 10 anni ed ero molto felice. Quella dolce presenza in me è come svanita nella mia adolescenza e a 17 anni pensavo che Dio non esistesse… ma pochi anni dopo qualcosa dentro di me è cambiato, grazie ai miei amici: nelle loro vite ho potuto vedere la presenza viva di Dio che mi interpellava fortemente. Così ho deciso di cominciare a pregare, gettandomi nel buio, sperando però di incontrare Dio, pronto ad abbracciarmi… e la sua luce mi ha abbagliata! Leggendo e riflettendo, ho trovato Dio; ma pregando “ho creduto” che Dio mi trovasse, e che Egli è la verità vivente che si può amare come si ama una persona.

Desiderosa di vivere in maniera sempre più concreta il Vangelo, insieme ad alcune amiche mi sono trasferita a Ivry, una città alle porte di Parigi; abbiamo formato una comunità di donne, laiche, senza abito religioso o difese istituzionali. Io lavoravo come assistente sociale, un’altra come infermiera, la terza era una maestra d’asilo.

La strada è diventata la nostra terra di missione, abbiamo lavorato a fianco delle famiglie del quartiere, condividendo fatiche e speranze, cercando di donare loro la forza del Vangelo.

Profilo (Tratto dal sito Santi e beati – http://www.santiebeati.it/dettaglio/92984)

La vita difficile della “banlieue”
I frequenti disordini che avvengono nella “banlieue” di Parigi sono la spia di un disagio sociale, di una mancata integrazione, di una miseria economica, di un’emarginazione stridente al confronto con i quartieri più ricchi della capitale francese. A ben vedere, affondano le radici in tempi più lontani.
Vedendo quelle immagini di guerriglia urbana, il pensiero va indietro nel tempo, agli anni Trenta del 1900, quando nella periferia parigina cominciò ad operare una piccola e forte donna, che aveva votato la sua vita al sollievo morale e sociale della gente che l’abitava.

I primi anni
Si chiamava Madeleine Delbrêl ed era nata il 24 ottobre 1904 a Mussidan in Dordogna, una regione interna della Francia Sudoccidentale, fra il Massiccio Centrale e il fiume Garonne.
Pur essendo stata educata da genitori cattolici, durante l’adolescenza, Madeleine si avvicinò alla cultura positivista. Quel pensiero filosofico è contrario a ogni forma di metafisica, quindi di religione. Secondo i suoi teorici, il metodo delle scienze naturali è l’unico valido per la conoscenza della realtà e deve essere applicato anche allo studio della formazione psichica e sociale dell’uomo.

A 17 anni scrive: «Dio è morto!»
A 17 anni, Madeleine si dichiarava atea e scriveva nel suo radicale ateismo: «Dio è morto! Viva la morte!». Tutto si era accentuato quando suo padre, ferroviere, era stato nominato capo delle stazioni parigine della linea di Sceaux, a Denfert-Rochereau: la famiglia Delbrêl si era trasferita così a Parigi.
La ragazza fu orientata a dedicarsi all’arte e alla letteratura, per cui era molto portata: a ventidue anni, infatti, vinse il premio annuale di poesia Sully-Prudhomme dell’Académie Française per giovani poeti.
Ma il Signore agisce per vie a volte incomprensibili per raggiungere il cuore delle persone e attirarle a sé. Sarà lì, nella febbrile e vivace vita parigina, che Madeleine l’incontrerà e cambierà vita, abbracciando con passione totale la causa dei poveri, degli emarginati, degli indifesi.

La conversione
Sarà lei stessa a raccontare che il momento del cambiamento fu un vero «incontro abbagliante». Avvenne dopo che un carissimo amico che lei frequentava da tempo, Jean Maydieu, decise di farsi religioso ed entrò nell’Ordine dei Domenicani.
Questa decisione aveva provocato in Madeleine una profonda crisi: aveva cominciato ad interrogarsi sul senso profondo dell’esistenza. Il positivismo le sembrò la risposta meno adatta alla sua inquietudine: lasciava aperti troppi interrogativi. Cominciò a pregare fino all’incontro con Dio nel marzo 1924.

L’esplosione del Vangelo
Si dedicò subito ad approfondire seriamente la sua giovane fede in un’appassionata riscoperta di Dio. Con i consigli di padre Jacques Lorenzo, vicario parrocchiale della chiesa di San Domenico (che sarà poi la sua guida spirituale), sentì esplodere in lei la passione per una vita di semplice Vangelo.
Perciò, mentre in un primo momento aveva pensato di farsi carmelitana, ma era stata trattenuta dal bisogno di seguire suo padre rimasto cieco, poco alla volta comprese di dover restare nel mondo per vocazione.
Utilizzando l’innata fantasia, l’amore per la natura e l’etica sociale, divenne un’efficiente caposcout. Fu per lei una iniezione di freschezza e semplicità: accanto ai giovani ritrovò la passione per la vita semplice, la solidarietà verso gli indifesi, il contatto con la natura.

A Ivry-sur-Seine, la città delle 300 fabbriche
Tuttavia, l’esperienza fra gli scout non esauriva il suo desiderio d’impegnarsi alla luce del Vangelo. Nel 1933, a 29 anni, dopo aver studiato come assistente sociale, si spostò a Ivry-sur-Seine all’estrema periferia sud di Parigi, insieme a due compagne capiscout, Suzanne ed Hélène, per vivere nel quotidiano l’esperienza del Vangelo.
Non poteva scegliere luogo più bisognoso di una parola religiosa e di speranza. Ivry-sur-Seine, dove restò per più di 30 anni, fino alla morte, era chiamata “la città delle 300 fabbriche”: era un crogiuolo di tensioni, rivendicazioni salariali, lotte operaie, scontri sociali e ideologici. Era anche il laboratorio del marxismo e del comunismo francese: i ritmi esasperanti di lavoro, lo sfruttamento operaio e le ripetute ingiustizie, suscitavano la rabbia collettiva e l’intolleranza.

Il Vangelo nel quotidiano
Madeleine, vivendo a fianco della gente nella quotidiana lotta per vivere, poté rendersi conto che in quel luogo di fatica ed emarginazione, mancava la voce del Vangelo: i cattolici non erano presenti e i preti erano chiusi nelle loro canoniche. Era un vuoto pesante, che lei pensò di dover riempire portando fra quella gente, spesso disperata, la speranza di Cristo.
Cominciò a percorrere le strade della periferia, mescolandosi fra la gente, entrando nei caffè affollati, nelle osterie e nelle sale d’attesa del metro, dove erano rifugiati i più disgraziati. Li avvicinava, li ascoltava, si caricava dei loro problemi, offrendo loro la consolazione e la speranza dell’amore cristiano.
Con un profondo senso di azione umanitaria, associata al suo spirito contemplativo, viveva l’amore di Dio tra la folla parigina. Tramite la difesa dei poveri e degli oppressi, coniugava la lotta per la giustizia sociale e il rispetto della dignità umana, sentendo la necessità di fare tutto il possibile perché nessuno rimanga nella miseria più grande, quella di una vita senza Dio.: «Una volta conosciuta la Parola di Dio – scriveva –  non abbiamo il diritto di non accoglierla; una volta che l’abbiamo accolta, non abbiamo il diritto di impedirle di incarnarsi in noi; una volta che si è incarnata in noi, non abbiamo il diritto di conservarla per noi: da quel momento apparteniamo a coloro che la aspettano».

A disposizione di tutti
La sua presenza, così leale e spontanea, era apprezzata anche da chi non condivideva la sua fede, come il sindaco di Ivry-sur-Seine, George Marrane e il vicesindaco Venise Gosnat. Furono loro che, nel 1939, approvarono la sua assunzione ai servizi di assistenza sociale della città, confermandola ancora per un anno nel 1944.
In quegli anni, nell’ufficio situato nella sede del Municipio di Ivry, per non parlare della sua casa in rue Raspail 11, Madeleine fu sempre presente, accogliendo con la sua profonda umanità chiunque bussasse alla sua porta. L’intensa vita interiore e il suo spirito ascetico e contemplativo, illuminarono e diedero sostanza al suo impegno sociale, ricco della carica rivoluzionaria del cristianesimo, che lei visse con grande autenticità.
Tra i suoi compagni di strada e d’impegno sociale, c’erano anche atei, agnostici e comunisti convinti. Lei, che più di tutti poteva comprenderli per le sue precedenti convinzioni agnostiche, collaborava con tutti senza pregiudizi, contribuendo a stemperare le forti tensioni sociali.

In un’epoca di grande fermento
Visse, approvandola con entusiasmo, pur non nascondendone i limiti e i pericoli, l’esperienza sorta in Francia dei “preti operai”. Nel 1952, si recò a pregare in San Pietro a Roma perché era convinta che a quel movimento mancasse il fondamento della preghiera. Il suo scopo fu duplice: «Per chiedere che la grazia di apostolato che è stata data alla Francia non sia da noi perduta, ma mantenuta nell’unità; per chiedere che questa grazia sia riconosciuta, fortificata dalla Chiesa».
«Non dobbiamo mai consentire – scriveva – che si stabilisca un equivoco sul fatto che Dio, per noi, è il solo bene assoluto e grazie al quale gli altri beni sono buoni perché provengono da Lui. Ma questo Dio, questo bene che diciamo assoluto, non si presenterà come una “ipotesi verosimile” che a condizione di prendere sul serio, come provenienti da Lui, i beni reali che gli uomini desiderano e il male reale che è per gli uomini la privazione di questi beni. Senza riferimento a Dio la nostra testimonianza è una contro-testimonianza; senza bontà realista e smisurata fino alla carità, è come se non ci fosse testimonianza, perché è fuori dalla portata degli occhi, delle orecchie, delle mani, del cuore degli uomini. Nei due casi e in modi opposti, ma equivalenti, ci sarebbe rottura con l’insieme della testimonianza evangelica».

Ambiente ateo, terra di conversione
Dopo qualche anno, il Papa san Giovanni XXIII convocò il Concilio Ecumenico Vaticano II. Nella fase preparatoria, Madeleine venne consultata dal vescovo emerito di Tananarive (Madagascar) sul tema dell’ateismo e dell’evangelizzazione del mondo lontano da Dio.
In quell’occasione, riflettendo sulla sua personale esperienza, Madeleine formulò la convinzione che «un ambiente ateo non è un luogo totalmente malvagio in cui delle tentazioni tendono delle imboscate alla fede, ma una terra di conversione in cui Dio ha previsto delle prove che, scelte da Lui, riconosciute da noi, faranno della nostra fede, proprio là dove deve lottare, la fede sana e vigorosa che Gesù Cristo ci ha donato». 

La morte e la sua eredità spirituale
Morì poco prima di compiere 60 anni, il 13 ottobre 1964, a Ivry-sur-Seine, per una congestione cerebrale e fu sepolta al cimitero comunale di Ivry, dove tutt’ora riposa.
«Ci sembra – scriveva – che la nostra vocazione sia vivere l’amore di Gesù interamente e alla lettera […] consegnandosi completamente mani e piedi al suo amore, perché amandolo perdutamente e lasciandoci amare fino in fondo, i due grandi comandamenti della carità si incarnino in noi e diventino uno».
Riconosciamo qui nient’altro che l’essenziale evangelico. Non meraviglia allora che la sua testimonianza così luminosa e creativa possa risultare illuminante per persone con le vocazioni più diverse. Anche per questo può essere considerata la precorritrice di tante altre belle figure di laici, sacerdoti, religiosi, che nel secolo XX, hanno scelto, specie in Italia e Francia, di vivere sulle strade del mondo, cogliendo la sfida del Vangelo e traducendola nella quotidianità a fianco dei più deboli.

La causa di beatificazione
Il 12 maggio 1993 è stato concesso dalla Santa Sede il nulla osta per la Causa di beatificazione. Gli atti dell’inchiesta diocesana, svolta dal settembre 1993 all’ottobre 1994 presso la diocesi di Créteil, sotto cui cade Ivry-sur-Seine, sono stati convalidati il 4 ottobre 1996. Un’inchiesta suppletiva, domandata dal Relatore della causa, è stata invece condotta dal 2001 al 2002.
La sua “Positio super virtutibus” ha avuto una prima redazione, ma è stata interamente ripresa dallo storico padre Gilles François. Terminata nel 2012 e data alle stampe nel 2015, è stata valutata dai Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi il 9 maggio 2017. È seguita la valutazione positiva da parte dei cardinali e dei vescovi del medesimo dicastero, il 16 gennaio 2018.
Il 26 gennaio 2018, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Madeleine Delbrêl è stata dichiarata Venerabile.

[Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini]

– I nostri passi camminano in una strada, ma il nostro cuore batte nel mondo intero.

– Se noi fossimo gente di fede potremmo consegnare allo Spirito tutte le azioni della giornata, qualunque siano: le trasformerebbe in vita.

– Non importa che cosa dobbiamo fare: tenere in mano una scopa o una penna stilografica. Parlare o tacere, rammendare o fare una conferenza, curare un malato o battere a macchina. Tutto ciò non è che la scorza della realtà splendida, l’incontro dell’anima con Dio rinnovata ad ogni minuto, che ad ogni minuto si accresce in grazia, sempre più bella per il suo Dio.

– Gesù vuol vivere in me.
Lui non si è isolato.
Ha camminato in mezzo agli uomini.
Con me cammina tra gli uomini d’oggi.

Incontrerà ciascuno di quelli che entreranno nella mia casa, ciascuno di quelli che incrocerò per la strada,
altri ricchi come quelli del suo tempo, altri poveri,
altri eruditi e altri ignoranti,
altri bimbi e altri vegliardi,
altri santi e altri peccatori,
altri sani e altri infermi.

Tutti saranno quelli che egli è venuto a cercare.
Ciascuno, colui che è venuto a salvare.
A coloro che mi parleranno, egli avrà qualche cosa da dire.
A coloro che verranno meno, egli avrà qualche cosa da dare.
Ciascuno esisterà per lui come se fosse il solo.

Nel rumore egli avrà il suo silenzio da vivere.
Nel tumulto, la sua pace da portare.
Gesù, in tutto, non ha cessato di essere il Figlio.
Vuole in me rimanere legato al Padre.

Dolcemente legato,
ogni secondo,
sospeso su ciascun secondo,
come un sughero sull’acqua.
Dolce come un agnello
di fronte a ogni volontà del Padre.

Tutto sarà permesso in questo giorno che viene,
tutto sarà permesso ed esigerà che io dica il mio sì.
Il mondo dove Lui mi lascia per esservi con me
non può impedirmi di essere con Dio;
come un bimbo portato sulle braccia della madre
non è meno con lei
per il fatto che lei cammina tra la folla.

Gesù, dappertutto, non ha cessato d’essere inviato.
Noi non possiamo esimerci d’essere,
in ogni istante,
gli inviati di Dio nel mondo.
Gesù in noi, non cessa di essere inviato,
durante questo giorno che inizia,
a tutta l’umanità, del nostro tempo, di ogni tempo,
della mia città e del mondo.

Attraverso i fratelli più vicini ch’egli ci farà
servire amare salvare,
le onde della sua carità giungeranno
sino in capo al mondo,
andranno sino alla fine dei tempi.

Benedetto questo nuovo giorno che è Natale per la terra,
poiché in me Gesù vuole viverlo ancora.

– Ci sono luoghi in cui soffia lo Spirito, ma c’è uno Spirito che soffia in tutti i luoghi.

– C’è gente che Dio prende e mette da parte. Ma ce n’è altra che egli lascia nella moltitudine, che non «ritira dal mondo».

È gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un’ordinaria vita da celibe. Gente che ha malattie ordinarie, e lutti ordinari. Gente che ha una casa ordinaria, e vestiti ordinari.

È la gente della vita ordinaria. Gente che s’incontra in una qualsiasi strada. Costoro amano il loro uscio che si apre sulla via, come i loro fratelli invisibili al mondo amano la porta che si è rinchiusa definitivamente sopra di essi.

Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messi è per noi il luogo della nostra santità.

Noi crediamo che niente di necessario ci manca. Perché se questo necessario ci mancasse Dio ce lo avrebbe già dato.

– L’amore evangelico (in noi si dovrà trovare tutto)  

Madeleine Delbrel, Indivisibile amore, Piemme 1994, p. 155

In noi si dovrà trovare tutto
il bicchiere d’acqua, il cibo per chi ha fame,
tutto il vero cibo per tutti i veri affamati,
tutti i veri cibi e tutti i veri mezzi per distribuirli,
l’alloggio per i senza tetto,
il pellegrinaggio alle carceri ed agli ospedali,
la compassione per le lacrime, quelle che si devono versare insieme
e quelle di cui occorrerebbe eliminare le cause,
l’amicizia per ogni peccatore,
per coloro che sono malvisti,
la capacità di mettersi al livello di tutte le piccolezze,
di lasciarsi attrarre da tutto ciò che non conta,
e tutto avrà il suo orientamento, la sua pienezza, nella parola “fraterno”.

Infatti i nostri beni, se diventano i beni degli altri, saranno il segno della nostra vita donata per gli altri, come assimilata di diritto alla loro, e che, in realtà, non deve più far parte dei nostri interessi.

Il cristiano che vivrà in questo modo nella città, sperimenterà con tutto il suo essere la forza dell’amore evangelico. La realtà di questo amore risplenderà intorno a lui come una evangelizzazione e in lui come una illuminazione.

Sperimenterà che agire è illuminare, ma anche essere illuminati, sperimenterà che, se pregare è lasciarsi fare da Dio, è però anche imparare a compiere l’opera di Dio.

Un cristiano simile renderà grazie, perché tutti i suoi gesti diventeranno l’espressione di un amore che non conosce né limiti né eccezioni, un amore del quale soltanto Cristo ha detto agli uomini che lo devono e ricercare e donare.

– Il filo del vestito  Madeleine Delbrel

Nella mia comunità, Signore, aiutami ad amare,
ad essere come il filo di un vestito.
Esso tiene insieme i vari pezzi
e nessuno lo vede se non il sarto che ce l’ha messo.
Tu, Signore, mio sarto, sarto della comunità,
rendimi capace di essere nel mondo
servendo con umiltà,
perché se il filo si vede tutto è riuscito male.
Rendimi amore in questa tua Chiesa,
perché è l’amore che tiene insieme i vari pezzi.

– L’estasi delle tue volontà  

Madeleine Delbrel, Che gioia credere

Quando quelli che amiamo ci chiedono qualcosa,
noi li ringraziamo di avercelo chiesto.

Se a te piacesse, Signore, chiederci una sola cosa
in tutta la nostra vita,
noi ne rimarremmo meravigliati
e l’aver compiuto questa sola volta la tua volontà
sarebbe «l’avvenimento» dei nostro destino.

Ma poiché ogni giorno ogni ora ogni minuto
tu metti nelle nostre mani tanto onore,
noi lo troviamo così naturale da esserne stanchi,
da esserne annoiati.

Tuttavia, se comprendessimo quanto inscrutabile è il tuo mistero,
noi rimarremmo stupefatti
di poter captare queste scintille del tuo volere
che sono i nostri microscopici doveri.

Noi saremmo abbagliati nel conoscere,
in questa tenebra immensa che ci avvolge,
le innumerevoli
precise
personali
luci delle tue volontà.

Il giorno che noi comprendessimo questo
andremmo nella vita come profeti,
come veggenti delle tue piccole provvidenze,
come mediatori dei tuoi interventi.

Nulla sarebbe mediocre, perché tutto sarebbe voluto da te.
Nulla sarebbe troppo pesante, perché tutto avrebbe radice in te.
Nulla sarebbe triste, perché tutto sarebbe voluto da te.
Nulla sarebbe tedioso, perché tutto sarebbe amore di te.
Noi siamo tutti dei predestinati all’estasi,
tutti chiamati a uscire dai nostri poveri programmi
per approdare, di ora in ora, ai tuoi piani.

Noi non siamo mai dei miserabili lasciati a far numero,
ma dei felici eletti,
chiamati a sapere ciò che vuoi fare,
chiamati a sapere ciò che attendi, istante per istante, da noi.

Persone che ti sono un poco necessarie,
persone i cui gesti ti mancherebbero,
se rifiutassero di farli.
Il gomitolo di cotone per rammendare, la lettera da scrivere,
il bambino da alzare, il marito da rasserenare,
la porta da aprire, il microfono da staccare,
l’emicrania da sopportare:
altrettanti trampolini per l’estasi,
altrettanti ponti per passare dalla nostra povertà,
dalla nostra cattiva volontà
alla riva serena dei tuo beneplacito.

Una vita in mezzo agli atei, nelle fabbriche e sulla strada di Guido Dotti (http://kairosterzomillennio.blogspot.com/2011/10/madeleine-delbrel-approfondimenti-2.html)

«Tacere non è non dire nulla: è mettere in ascolto tutte le potenze dell’anima». Era una donna fatta così Madeleine Delbrêl, una cristiana temprata alla cristiana, temperata dalla quotidianità, capace di calare i grandi spazi dello spirito nella stanza di un appartamento, su un marciapiede, nella cupa atmosfera di una fabbrica: «La tua volontà sia fatta in casa nostra come in cielo». Non aveva forse parafrasato così un’invocazione del Padre nostro?

Con questo spirito, Madeleine non perdeva occasione per far passare un annuncio evangelico nelle piccole realtà di ogni giorno e di ogni festa: natali, anniversari, compleanni, una riunione, un viaggio le sofferenze e le speranze dei preti operai, della povera gente… Trovare tutte insieme queste scintille di Vangelo è come scoprire un colore di fondo nel quadro complessivo della vita di Madeleine Delbrêl, un colore cui non sappiamo dare altro nome che «luce».
Del resto, «la sola vera vecchiaia» è «l’egoismo» che dobbiamo chiedere incessantemente a Dio di sradicare dal nostro cuore: è infatti il cuore di carne, che ci consente di restare nel soffio dello Spirito. Per questo è sul nostro cuore che dobbiamo vigilare con cura e passione durante tutta la vita: «Quando il cuore indurirai, qualunque sia la tua età allontanati», prendine le distanze, va altrove è il consiglio, anzi, uno dei «comandamenti» di Madeleine.

Emerge la figura di un «giullare di Dio», una cristiana in fremente e gioiosa attesa davanti alla porta dell’incontro con l’Armato del suo cuore: «la sola porta che si apre sulle nozze di Dio, con i suoi amici» è «la porta dell’amore, della sollecitudine fraterna». A questa porta Madeleine è rimasta affezionata per tutta la vita: ha atteso paziente all’esterno, non si è stancata di bussare, l’ha aperta per far entrare chi era fuori, l’ha varcata per uscire incontro a chi era rimasto escluso… Sollecitudine fraterna per lei voleva dire aiutare gli altri a camminare con le proprie gambe, accompagnarli per un tratto di cammino, come scriverà a una coppia di amici spagnoli repubblicani, duramente provati dalle vicende del loro paese: «Vorremmo camminare con voi fino alla felicità del mondo interno». E, per far questo, conosceva bene il bisogno che c’è di sapersi fermare a riposare, a riflettere, a contemplare: «Se si vuole aiutare gli altri a camminare, bisogna, sapersi sedere!». Vengono qui alla mente le parole di un poeta statunitense, Robert Frost: «Il miglior modo per venirne fuori/è sempre passarci in mezzo». Affrontare con calma e risolutezza le situazioni anche più avverse è premessa al loro superamento. E Madeleine ha saputo passarci in mezzo e venirne fuori portando con sé anche gli altri.

«Io terrò Dio accanto a te», scrive la Delbrêl a un ideale interlocutore ateo. Ecco, credo che l’esistenza di Madeleine sia stata innanzitutto questo: tenere Dio accanto a quelli di cui lei si faceva prossimo, sull’esempio lasciato da Gesù stesso ai suoi discepoli. Così, con la sua povera vita è stata capace di realizzare quello che lei stessa auspicava come testimonianza della chiesa: «che Cristo Chiesa ci insegni a riconoscerlo dove egli è e a portarlo dove egli non è».

– Madeleine Delbrêl, Noi delle strade, Gribaudi – 2000

– Madeleine Delbrêl, Il piccolo monaco. Un taccuino spirituale, Gribaudi – 2000

– Madeleine Delbrêl, La gioia di credere, Gribaudi – 2000

– Madeleine Delbrêl, Abbagliata da Dio, Gribaudi – 2007

– Madeleine Delbrêl, Comunità secondo il Vangelo, Gribaudi, 1996

– Madeleine Delbrêl, La vocazione. Condividere la vita con chi si ama, Gribaudi – 2018

– Madeleine Delbrêl, La misericordia. Il grande scandalo della carità, Gribaudi – 2016

– Madeleine Delbrêl, Umorismo nell’amore. Meditazioni e poesie, Gribaudi – 2011

– Madeleine Delbrêl, Insieme a Cristo per le strade del mondo, Gribaudi – 2012

– Madeleine Delbrêl, Città marxista terra di missione, Gribaudi – 2015

– Madeleine Delbrêl, Professione assistente sociale, Gribaudi – 2012

– Madeleine Delbrêl, Missionari senza battello. Le radici della missione, EMP – 2004

– Madeleine Delbrêl, E’ stato il mondo a farci così timidi?, Ed. Berti – 1999

Association des Amis de Madeleine Delbrêl (francese) (https://www.madeleine-delbrel.net/)

Madeleine Delbrêl ci parla (http://www.martaemaria.it/index.php/madeleine-delbrel-parla.html)

Testi di Madeleine Delbrêl (http://www.gliscritti.it/approf/areopago/delbrel.htm)