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Strada

Oreste Benzi

Sacerdote e fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII

Mi chiamo Oreste, sono nato in una povera famiglia di operai a pochi chilometri da Rimini. A 11 anni sono entrato in seminario e nel 1949 sono stato ordinato sacerdote. Nella mia esperienza sacerdotale è stato importante il contatto con i ragazzi e i giovani ai quali ho cercato di far fare sempre un incontro simpatico con Cristo, perché la Sua amicizia diventasse un punto fermo nella loro vita. L’amore per Cristo povero mi ha fatto avere particolarmente a cuore le persone più fragili, sia nel corpo che nello spirito: per aiutarle e stare loro accanto ho fondato la Comunità Papa Giovanni XXIII, realtà che si è sviluppata in più parti del mondo. Grazie alla partecipazione di tanti volontari, la Comunità ha dato una famiglia a molti bisognosi.

Ho sempre cercato di trovare una risposta alle situazioni di povertà e di schiavitù che si presentavano davanti a me, anche se ho capito che non ci si può limitare a soccorrere le vittime di questa società: occorre spingersi oltre, fino ad impedire alla società di continuare a fare vittime.

  • Quando tu fai delle tue qualità non un titolo di merito per entrare in una casta ma un titolo di servizio, rivoluzioni il mondo e fai capire che gli uomini sono fratelli.
  • Metti Cristo povero dentro di te, metti il Signore nel tuo cuore. Vedrai allora che la tua vita si aprirà a delle cose che prima neppure sognavi.
  • L’altro guarirà non perché gli hai detto il suo errore, ma perché mentre parlavi ha sentito il tuo amore e gli è venuta nostalgia anche a lui di amare.
  • Un altro essere come voi non ci sarà mai più sulla terra. Non buttate via la vostra vita: fareste un buco nella storia.
  • Questo è uno degli aspetti più caratteristici della nostra vocazione. Non possiamo limitarci a soccorrere le vittime di questa società: dobbiamo spingerci oltre, fino ad impedire alla società di continuare a fare vittime.
  • Non devi avere paura del male che c’è nel mondo, ma del bene che manca nel mondo.
  • Per donare la luce agli uomini devi vivere ciò che dici di essere, perché ciò che sei grida molto più forte di quello che dici.
  • “Guarda quant’è simpatico il Signore! Quel che sente Lui lo fa risuonare in te e tira fuori la parte più bella di te”
  • L’importante è lavorare perché, fin da bambini, le persone possano far crescere quell’infinito Amore che è presente dentro ciascuno.
  • I pastori devono garantire l’originalità di ognuno data dallo Spirito Santo e stimolare ogni membro perché ognuno attui la propria funzione per essere al servizio di tutti.
  • Dio che ci ama vede in noi risorse e valori che nessun altro che non ci ama come lui può vedere, anche in chi è cattivo.
  • Provate a fare un elenco di tutte le schiavitù in cui siete prefabbricati: voi vi credete liberi, ma in realtà siete schiavi di una società che vi ha prefabbricato. Facendoti povero di te stesso, invece, tu ti rendi libero. Vita da poveri vuol dire far entrare l’altro dentro di te, fare tua la sua solitudine tanto da sentirti solo in lui solo; allora tu scegli liberamente la sua solitudine in modo che lui non è più solo. Ecco cos’è la vita da povero. E questa vita entra in tutte le dimensioni del tuo essere, nell’uso del denaro, del tempo, delle amicizie: è la riscoperta del volto di Dio che è dentro l’uomo, mio fratello. Piano piano acquisti un fiuto speciale, un fiuto tutto particolare per cui ti senti specialmente attirato da chi in realtà non è amato da nessuno.
  • La nostra vocazione è stupenda: certo che devi lasciare delle cose e che devi sceglierne delle altre, ma in quella tua scelta qualcosa di nuovo nasce, qualcosa di vecchio muore. Che bello! E tutto questo sai da dove scaturisce? Da quell’intima contemplazione di Dio che è nel tuo cuore. Contemplazione e incarnazione diventano due aspetti di una stessa realtà di Cristo che entra dentro di te e ti fa pienamente libero.
  • L’amore è la grande via della conoscenza, della contemplazione e quando l’uomo non ama più, normalmente adora se stesso e fa quelle mezze cose che non hanno più senso.

Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messi è per noi il luogo della nostra santità.

(Madeleine Delbrel)

 

Sabato  27  ottobre  2007,  nell’ultima  messa  comunitaria  celebrata  nella  chiesa  de  “La Resurrezione”, spiega cos’è questo incontro simpatico: “Abbiamo sempre detto che bisogna avere un incontro simpatico con Cristo, ma quand’è che uno ti è simpatico? Quando praticamente quel che sente lui lo fa risuonare a te e diventa colui che tira fuori la parte più bella di te. Guardate quanto è simpatico il Signore e il mondo oggi ne ha tanto bisogno! Il Signore sa distinguere il bene e il male, però non fa preferenza di persona, ma guarda invece dentro il cuore. Uno che fa così ti è simpatico! Dici: «ma guarda che tipo! Sto con Lui, perché anch’io sento questo, magari non ce la faccio a viverlo, però sto con Lui».

«Non è parziale con nessuno contro il povero»… Una persona che non è mai parziale con il povero, con chi viene calpestato, com’è? Simpatica! Vorresti stare sempre con lei. Vero? È bellissima la Parola. «Ascolta la preghiera dell’oppresso». Io chiedo sempre una preghiera al povero perché sono sicuro che entra per primo in cielo perché il povero, l’oppresso, per natura sua non è presuntuoso. Anche il povero allora diventa simpatico, anche se talvolta ti sputa. Un incontro simpatico con Cristo allora vuol dire che ciò che è in Lui risuona in noi. Allora non perdo tempo. Cos’è la Comunità Papa Giovanni? È una Comunità di gente simpatica perché è totalmente in simpatia con Cristo; è una Comunità di gente in sintonia per cui ha il sorriso sul volto perché il bene prevale sul male. Pensate a quando arrivano gli ultimi, i disperati, i carcerati, e il tuo cuore è in sintonia con quello di Gesù e in ognuno di loro incontri Gesù e quindi viene fuori una Comunità che è una sinfonia, la sinfonia di Dio.”

 

Dai! Ci stai?

Io dico spesso ai giovani che sempre più frequentemente incontro: “Ribellatevi, non con la violenza, ma con la vita, senza mai demordere. Siate come un rullo compressore vivente che non lascia tranquillo nessuno. Non scendete a compromesso. Riappropriatevi della gestione della società. Siete stati sradicati dalle vostre origini, vi è stato tolto il futuro dalle mani, siete costretti a consumare emozioni. Per il sistema è meglio che siate drogati!”.

Nella società del profitto il potere economico, politico, finanziario, ha come fine principale se stesso. Le leggi che lo regolano non tengono conto dell’uomo, del suo bene, del suo progresso. Occorre che le persone che non accettano le regole del profitto e che vogliono intraprendere la strada del gratuito s’incontrino per dare vita a “mondi alternativi” fondati su un sistema di relazioni interpersonali basate sul gratuito. All’interno di questi “mondi vitali” deve nascere non tanto l’elaborazione teorica, quanto la sperimentazione di vita. Se un insieme di professionisti (medici, avvocati, giudici, maestri, etc.) si uniscono ed operano assieme secondo le regole del gratuito, si spezzano le regole della casta. Se uno è solo potrà essere additato come esempio, ma non cambia la storia. Se sono più persone, incidono sulle dinamiche della società del profitto e le mettono in crisi. Questi “mondi vitali”, come insieme di persone che attuano la società del gratuito, mettono in crisi il modello di famiglia della società del profitto, il modello di impresa, di commercio, di scuola, di divertimento, di lavoro dipendente della società del profitto. Intaccano anche il modello di difesa della patria con il servizio militare, di difesa civile con la polizia, di amministrazione della giustizia.

La seconda linea strategica è l’azione sulla società del profitto, attraverso incentivi e disincentivi e la lotta nonviolenta ma decisa. Quando si parla di oppressi bisogna individuare gli oppressori, quando si parla di affamati bisogna individuare coloro che affamano, quando si parla di handicappati bisogna individuare chi fa diventare handicappato, perché si nasce con un limite ma chi fa diventare handicappato è la società. Bisogna rimuovere le cause dell’ingiustizia perché siano smantellate le fabbriche dei poveri. L’art. 3 della Costituzione «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine politico, economico, sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo e la partecipazione dei lavoratori alla vita sociale». lo spero che soprattutto i giovani si sveglino, si ribellino con una vita basata sulla giustizia, non con la violenza, e smettano di accodarsi a chi dice parole e cerca solo di conservare il potere.

 https://www.apg23.org/it/biografia_don_oreste/

1925 – Nasce il 7 settembre a San Clemente, un paesino nell’entroterra collinare romagnolo a 20 chilometri da Rimini, da una povera famiglia di operai, sesto di 9 figli.

1937 – All’età di 11 anni entra in seminario a Rimini. 

1949 – Il 29 giugno viene ordinato sacerdote e il 5 luglio diventa cappellano della parrocchia di San Nicolò a Rimini.

1950 – Inizia ad insegnare in seminario e viene nominato vice assistente della Gioventù Cattolica di Rimini, di cui diverrà assistente nel 1952. Si sviluppa la sua attenzione particolare per il periodo della preadolescenza, che considera un periodo chiave nello sviluppo della personalità, e il suo impegno per far fare ai giovani un “incontro simpatico con Cristo”. 

1953 – Diventa direttore spirituale nel seminario di Rimini per i ragazzi nella fascia di età dai 12 ai 17 anni. Questo compito, che svolgerà fino al 1969, gli dà l’opportunità di approfondire più intensamente la conoscenza dell’animo giovanile.

1958 – Autorizzato dal vescovo Biancheri, parte per gli Stati Uniti in cerca di fondi per costruire una Casa di vacanze ad Alba di Canazei, convinto che il paesaggio stupendo delle Dolomiti possa favorire negli adolescenti e nei giovani l’incontro con l’Infinito.

1959 – Continuando l’ufficio di padre spirituale in seminario e la presenza fra gli adolescenti in Diocesi, inizia ad insegnare religione in vari Licei di Rimini e Riccione. In questi anni sperimenta nuove modalità per far incontrare i giovani con Gesù e con le situazioni concrete di povertà.

1968 – Con lo slogan “là dove siamo noi lì anche loro” lancia la prima vacanza di condivisione presso la Casa Madonna delle Vette di Canazei, coinvolgendo alcuni suoi studenti ed altri giovani assieme a diversi ragazzi con disabilità, sotto la guida di don Elio Piccari. A questa esperienza si fa risalire la nascita della Comunità Papa Giovanni XXIII che otterrà poi il riconoscimento della personalità giuridica nel 1972.
Lo stesso anno avvia assieme ad altri sacerdoti, nella periferia di Rimini, la parrocchia La Resurrezione, di cui sarà parroco per 32 anni, dandole una impostazione comunitaria e partecipativa, con una attenzione particolare alle persone fragili ed emarginate. 

1971 – Il 13 luglio costituisce l’Associazione per la Formazione Religiosa degli Adolescenti Papa Giovanni XXIII, che il 6 ottobre 1972 ottiene il riconoscimento della personalità giuridica come Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con Decreto del Presidente della Repubblica 596/72.

1973 – Segue direttamente l’apertura, il 3 luglio a Coriano di Rimini, della prima casa famiglia, struttura-simbolo della Comunità Papa Giovanni XXIII. Nelle case famiglia non ci sono operatori e utenti: le figure responsabili diventano “papà e mamma, fratello e sorella”, 24 ore su 24, di chi per un periodo o per sempre ha bisogno di una famiglia. Altro aspetto innovativo della casa famiglia pensata da don Oreste è la complementarietà, per cui nella stessa casa può trovare posto il bambino e l’anziano, la persona sana e chi ha difficoltà sul piano fisico o psichico o proviene da situazioni di disagio ed emarginazione, dando la possibilità ad ognuno, come in una vera famiglia, di condividere limiti e risorse per il bene individuale e comune. Oggi sono 252 le case famiglia della Comunità nel mondo. 

1977 – Inizia la pubblicazione di Sempre, mensile della Comunità Papa Giovanni XXIII. L’obiettivo dichiarato è essere “voce di chi non ha voce”, cioè degli emarginati, gli ultimi, denunciando le ingiustizie ma anche facendo conoscere quel mondo nuovo che proprio la condivisione di vita con gli ultimi è in grado di sviluppare. Negli anni successivi inizierà a collaborare con varie testate giornalistiche e sarà ospite di trasmissioni televisive, mentre dagli anni ’90 si dedicherà alla pubblicazione di numerosi libri con diverse case editrici. Nel 2001 avvierà anche la testata bimestrale Pane Quotidiano, che in pochi anni raggiungerà le 40 mila copie, commentando personalmente le letture proposte dalla liturgia del giorno. 

1979 – Tra gli obiettivi prioritari di don Oreste emerge quello di «chiudere gli istituti e aprire le famiglie» all’affido familiare di minori. Grazie all’impegno della sua comunità e di altre associazioni si sviluppa un movimento nazionale che promuove l’affido familiare attraverso la legge 184 del 1983 e porta al progressivo svuotamento degli istituti, sancito dalla legge 149 del 2001. 

1980 – Assieme a quanti si sono aggregati, stende lo “Schema di Vita” della Comunità Papa Giovanni XXIII, il documento su cui il vescovo di Rimini monsignor Locatelli concederà il riconoscimento ecclesiale nel 1983. Nello stesso anno inizia l’attività a fianco dei tossicodipendenti che ha portato alla nascita delle attuali 33 comunità terapeutiche operative in Italia, Croazia, Albania, Argentina, Cile, Bolivia e Brasile.

1983 – Contribuisce a far nascere a Vicenza la prima cooperativa sociale promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. Negli anni successivi le cooperative diventeranno 15, operative in varie regioni italiane in campo educativo e nell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati.

1986 – Il 24 maggio inaugura a Ndola, in Zambia, la “Holy family home for children”: è la prima casa famiglia in terra di missione. Da allora si moltiplicano i suoi viaggi all’estero per avviare nuove strutture e attività in missione, o per visitare quelle già attive, che si trovano attualmente in 40 Paesi del mondo.

1987 – Don Oreste da tempo aveva intuito che «ci sono poveri che non verranno mai a cercarci, quelli li dobbiamo cercare noi». Dalla presenza tra i senza fissa dimora raccolti per strada e alla stazione nasce la prima Capanna di Betlemme, una struttura di accoglienza per rispondere alle emergenze, oggi presente in varie regioni d’Italia. Lui stesso, negli ultimi due mesi di vita, andrà a vivere alla Capanna di Rimini assieme ai più poveri ed emarginati.

1991 – Inizia la presenza sulla strada tra le donne vittime del racket della prostituzione, che diventerà progressivamente uno dei campi di intervento in cui maggiore è il suo impegno personale per liberare le “nuove schiave” e denunciare il silenzio delle istituzioni. Contemporaneamente si sviluppa anche il suo impegno per il superamento del carcere, convinto com’è che «l’uomo non è il suo errore» e che il carcerato sia «un bene imprigionato che va liberato».

1992 – Sollecitato dallo scoppio della vicina guerra nei Balcani, promuove la nascita di Operazione Colomba, corpo civile di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII attualmente operativo in Albania, Colombia, Libano, Palestina e Israele: una presenza di condivisione con le vittime dei conflitti, per proteggere i più deboli e favorire percorsi di riconciliazione.

1998 – Il 24 ottobre, con grande gioia e commozione, riceve dalle mani del cardinal J. F. Stafford il decreto del Pontificio Consiglio per i Laici, datato 7 ottobre, che riconosce la Comunità Papa Giovanni XXIII come “associazione internazionale di fedeli laici di diritto pontificio”: è la conferma della Chiesa universale alle intuizioni che lo Spirito gli aveva suggerito 30 anni prima. Il nuovo statuto per la prima volta lo definisce ufficialmente “fondatore” dell’associazione e lo nomina “responsabile centrale a vita”. 

1999 – Da sempre attento a riconoscere la vita fin dal suo inizio nel grembo materno, il 26 marzo dà inizio alla preghiera davanti alle cliniche che praticano gli aborti, per affidare a Dio le creature innocenti e invocare la conversione di chi avrebbe il dovere di aiutare la vita anziché provocare la morte.

2004 – Il 25 marzo Don Oreste riceve dalla Santa Sede il Decreto di riconoscimento definitivo della Comunità Papa Giovanni XXIII. Il 29 novembre dello stesso anno, la Comunità viene ricevuta in udienza speciale da Papa Giovanni Paolo II. Il Santo Padre affida la Comunità alla «Vergine madre di Dio perché vi renda sempre seminatori di speranza, di amore e di pace» e rivolge un invito che don Benzi richiamerà spesso negli anni successivi: «Fate, in particolare, dell’Eucaristia il cuore delle case famiglia e di ogni altra attività sociale ed educativa». 

2007 – Il 2 novembre, nella notte tra la Commemorazione dei santi e quella dei defunti, don Oreste conclude la sua vita terrena. Nel commento alla prima lettura liturgica di quello stesso giorno sul bimestrale Pane Quotidiano che lui stesso curava, si legge una frase che colpisce per il suo contenuto profetico: «Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all’infinito di Dio».

https://www.apg23.org/it/don_oreste_benzi_beatificazione/

27 Settembre 2014
Inizia la  causa di beatificazione tramite la sessione pubblica svolta nella Chiesa della Resurrezione a Rimini. A presiedere la causa è il giudice don Giuseppe Tognacci, Elisabetta Casadei è la postulatrice mentre il promotore di giustizia è Victorino Casas Llana. 100 saranno i testimoni chiamati in una causa che si prevede durerà due o tre anni. Il primo testimone è don Romano Migani, co-fondatore della parrocchia “La Resurrezione” con don Oreste Benzi, don Elio Piccari e don Sisto Ceccarini. Le testimonianze saranno raccolte nelle prossime sessioni che saranno chiuse. La prossima sessione pubblica sarà quella di chiusura della fase diocesana della causa stessa.
Leggi l’articolo di Sempre sull’apertura della causa di beatificazione.

16 Aprile 2014
Il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi, ha reso pubblico il Decreto di avvio della causa che porta la data 8 Aprile 2014. Da questo momento è possibile chiamare don Oreste con il titolo “Servo di Dio”.

31 Marzo 2014
Giunge il parere favorevole della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna.

3 Gennaio 2014
Arriva il nulla osta da parte della Congregazione delle cause dei Santi.

24 Ottobre 2013
La postulatrice Elisabetta Casadei ha consegnato al vescovo di Rimini Francesco Lambiasi la richiesta formale di aprire la causa, dopo un anno di ricerche circa la “fama di santità” di don Benzi, sostenuta da molte lettere tra cui quelle di 9 cardinali, 41 vescovi italiani e 11 vescovi e arcivescovi stranieri, oltre a vari movimenti ecclesiali.

27 Ottobre 2012
Al termine del convegno “Don Oreste Benzi, testimone e profeta per le sfide del nostro tempo” a nome della Comunità Papa Giovanni XXIII, da parte del responsabile della Comunità stessa, Giovanni Ramonda, viene consegnata al vescovo di Rimini, Mons. Francesco Lambiasi, la richiesta di avvio della causa di canonizzazione.