Annalena Tonelli

Annalena Tonelli

Missionaria laica

Annalena si racconta

Sono nata a Forlì il 2 aprile 1943, scelsi di essere per i non amati che ero una bambina. Volevo seguire solo Gesù Cristo, null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri in Lui. In un primo tempo in Kenya, poi in Somalia,senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, ho seguito malati di HIV, di tubercolosi,ammalati per fame, poliomielitici, orfani, persone con handicap fisici e mentali, bambini sordomuti, ciechi, donne vittime di mutilazioni genitali. Per dare aiuti concreti ed efficaci servivano scuole e ospedali, centri di assistenza. Il Comitato per la lotta contro la fame nel mondo prima, l’OMS e l’UNHCR poi, hanno reso tutto questo possibile. Gli uomini di governo e di potere, però, mi sono stati sempre ostili e i capi tribù musulmani, in un primo momento, non favorivano l’aiuto da parte di una donna, cattolica per di più. 34 anni in terra d’Africa! La sera del 5 ottobre 2003, dopo tanti tentativi andati a vuoto, qualcuno ha deciso di fermare la mia corsa lasciandomi senza vita.

Profilo (tratto dal sito Santi e Beati – http://www.santiebeati.it/dettaglio/91836)

Una scelta dall’infanzia

Annalena Tonelli nacque a Forlì il 2 aprile 1943, terza di cinque figli. Sin dall’infanzia si sentì chiamata a donarsi per gli altri, come raccontò nel dicembre 2001, durante un convegno al quale era stata invitata a partecipare, svolto presso l’Aula Nervi in Vaticano:

«Scelsi che ero una bambina di essere per gli altri, i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati, e così sono stata e confido di continuare fino alla fine della mia vita; volevo seguire solo Gesù Cristo, null’altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri per Lui».

Studentessa impegnata

Dopo aver frequentato il liceo classico e un anno di stage a Boston in America, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’università di Bologna. Si formò nell’Azione Cattolica forlivese, nella sua parrocchia e nella FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), della cui sezione femminile locale divenne presidente.

Nel tempo libero dagli studi, organizzava convegni e incontri. Grande trascinatrice, portava le amiche al brefotrofio, trasformandole in mamme di tanti bambini. Nel 1963 contribuì in modo determinante a far nascere a Forlì il «Comitato contro la fame nel mondo», che sostiene ancora oggi un centinaio di missioni.

Il sogno dell’India e il primo viaggio in Kenya

Dopo la laurea, conseguita nel 1969, desiderava partire per l’India, che aveva imparato a conoscere mediante la lettura dei libri di Gandhi. I familiari non volevano che partisse né per l’India né per altri Paesi, ma lei colse la prima occasione possibile. Dietro consiglio di un’amica, partì quindi per Nairobi, capitale del Kenya.

Ricevette l’incarico d’insegnare l’inglese nelle scuole dei Missionari della Consolata e, intanto, si manteneva lavorando come ragazza alla pari. Divenne convinta che la sua strada passasse da lì, come raccontò a un amico sacerdote, don Adriano Raineri, in una lettera del 24 agosto 1969: «Sono certa che alla fine scoprirò che anche la vita qui è grazia, perché tutto è grazia, se io dovunque mi trovo, vivo semplice, nello sforzo umile ma potente e continuamente rinnovato di imitare il Cristo».

I rischi di una presenza

Nel 1970 passò a insegnare nella scuola governativa di Wajir, nel nord-est del Kenya. Raggiunta da Maria Teresa Battistini e da altre compagne, diede vita a una piccola comunità di laiche missionarie. Si dedicarono in particolare ai nomadi del deserto, dai quali Annalena riconobbe di aver imparato la fede e l’abbandono in Dio.

La loro presenza, comunque, era spesso ostacolata: Annalena venne presa a sassate dai bambini del luogo e in un’altra circostanza malmenata pesantemente. Ciò nonostante, con gli aiuti che pervenivano da Forlì, portò avanti un orfanotrofio, poi iniziò ad occuparsi dei malati di tubercolosi, sviluppando perfino un nuovo sistema di cura.

Tuttavia, per aver denunciato il massacro avvenuto il 10 febbraio 1984 all’aeroporto di Wagalla, venne espulsa dal Paese come “persona non gradita”; la comunità di laiche missionarie venne sciolta.

In Somalia

Annalena, quindi, si trasferì in Somalia, prima a Merka e poi, nel 1996, a Borama. Lì fondò un ospedale con 250 letti, per i tubercolotici e gli ammalati di AIDS, seguito da una scuola per bambini sordi e disabili. Era convinta che con l’istruzione potesse evolversi la situazione economica e sociale di quella che ormai considerava la sua gente. Si oppose anche alla pratica delle mutilazioni genitali femminili, appoggiata da altre donne somale.

Tenendosi in costante aggiornamento, ottenne diplomi a Londra e in Spagna per la cura delle malattie tropicali e della lebbra. Pur non essendo medico, quindi, visse lavorando per i malati: mise a punto una profilassi per la tubercolosi, utilizzata oggi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in tutto il mondo.

Contemplativa e missionaria

La radice della sua notevole attività era nella preghiera contemplativa, nella meditazione di testi di autori spirituali e nell’adorazione eucaristica, quando possibile. Nei suoi ritorni in Italia frequentava l’eremo di Cerbaiolo, tra Toscana e Romagna, o quello di Spello, o ancora a Campello sul Clitunno. Sentiva costantemente la tensione verso una vita più ritirata, ma il pensiero dei suoi somali la spingeva a tornare da loro.

Da sola imparò a convivere con il rischio quotidiano: era continuamente minacciata, perché bianca, donna, cristiana e non sposata. In una delle rare interviste che ha rilasciato, dichiarò: «Non ho paura, e anche questa è una cosa che non mi sono data. Sono stata in pericolo di vita, mi hanno sparato, picchiata, sono stata imprigionata, ma non ho mai avuto paura».

Quando parlava dei suoi somali e della difficoltà di essere cristiana, fra popolazioni di fede diversa e spesso intollerante, diceva riassumendo: «Loro non lo sanno». Durante un suo passaggio a Forlì, sorridendo, spiegò meglio: «Siccome mi vogliono bene, hanno sperato che diventassi musulmana. Ma da quando un vecchio capo ha decretato che andrò in Paradiso, anche se sono un’infedele, tutti accettano che io resti l’unica cristiana del luogo».

Unica appartenenza, Dio e il prossimo

Il 25 giugno 2003 ricevette dall’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati il premio «Nansen Refugee Award», appunto per la sua opera a favore dei rifugiati e dei perseguitati. Dall’Italia e da altre parti di Europa arrivavano volontari per aiutarla: c’era chi rimaneva e chi trascorreva un determinato periodo, come le ferie estive. Veniva sostenuta dal Comitato di Forlì, ma anche da altre organizzazioni internazionali.

Tuttavia non apparteneva a nessuna congregazione od organismo religioso o laico: le bastava la scelta, compiuta nella gioia tempo addietro, di dedicarsi a Dio e al prossimo senza etichette o simboli esteriori.

Donna di poche parole, era impegnata più a fare che a parlare, tanto meno di sé stessa. Se in Italia, oltre la sua regione d’origine, poteva sembrare poco conosciuta, «le somale emigrate in Italia, i nomadi del Kenya, i tubercolotici di Manyatta, i malati di Aids di Borama e i rifugiati del Nord Somalia, cioè loro, gli sconsolati della Terra, conoscevano bene Annalena Tonelli», ha scritto Franca Zambonini su «Famiglia Cristiana».

La morte

Il 5 ottobre 2003, mentre compiva l’ultimo giro tra gli ammalati di Borama, Annalena venne uccisa con un colpo alla nuca, partito da un’arma da fuoco. Aveva 60 anni, dei quali 34 trascorsi in Africa. Per suo espresso desiderio, è stata sepolta a Wajir, in Kenya, presso il suo primo ospedale.

Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini

– La vita ha senso solo se si ama. Nulla ha senso al di fuori dell’amore. La mia vita ha conosciuto tanti e poi tanti pericoli, ho rischiato la morte tante e poi tante volte. Sono stata per anni nel mezzo della guerra. Ho esperimentato nella carne dei miei, di quelli che amavo, e dunque nella mia carne, la cattiveria dell’uomo, la sua perversità, la sua crudeltà, la sua iniquità. E ne sono uscita con una convinzione incrollabile che ciò che conta è solo amare. 

– In senso molto più lato, il dialogo con le altre religioni è questo. E’ condivisione. Non c’è bisogno quasi di parole. Il dialogo è vita vissuta, meglio, almeno io lo vivo così, senza parole.

– Con l’educazione l’uomo fiorisce più facilmente in una creatura capace di vivere in Dio suo creatore e datore di ogni bene.

– Questo dell’ut unum sint è stata ed è l’agonia amorosa della mia vita, lo struggimento del mio essere. E’ una vita che combatto e mi struggo, come diceva Gandhi, dopo Gesù Cristo, che combatto, io povera cosa, per essere buona, veritiera, non violenta nei pensieri, nella parola, nell’azione. Ed è una vita che combatto perché gli uomini siano una cosa sola.

– La vita è sperare sempre, sperare contro ogni speranza, buttarsi alle spalle le nostre miserie, non guardare alle miserie degli altri, credere che Dio c’è e che Lui è un Dio d’amore.

– Noi dobbiamo metterci in ascolto, dobbiamo fare silenzio, dobbiamo crearci un luogo di quiete, separato, anche se spesso necessariamente vicino agli altri come una mamma che non può stare troppo a lungo lontana dai suoi bambini. Infatti per amare non sempre basta il nostro cuore, il nostro desiderio, la nostra sete di Dio. E’ parte dell’esperienza di chiunque decide di mettersi a servizio dei poveri che i poveri non sono facili da amare e che il cuore dell’uomo, anche di quello che si dona, può essere misteriosamente molto duro.

Annalena. Martire di Alex Zanotelli

«È stata una notizia per me shockante, non me l’aspettavo proprio. Non mi risulta che Annalena nel Somaliland fosse minacciata di morte. È stato un fulmine a ciel sereno.

Annalena Tonelli non l’avevo conosciuta quand’ero a Nigrizia, anche se ne avevo sentito parlare e so che era stata molto vicina alle posizioni della rivista in quegli anni. L’ho poi incontrata nel 1988, quando arrivai a Nairobi. Non ero ancora a Korogocho, un giorno ho ricevuto una sua telefonata… sono andato a incontrarla in casa di un americano che la proteggeva. In Kenya infatti era persona non grata. Come fosse riuscita a entrarvi, non lo so. Ci siamo incontrati segretamente.

Abbiamo passato assieme tutta una giornata, c’era anche Teresa, una sua amica che l’ha poi sempre sostenuta da Forlì. Io insistevo perché scrivesse qualcosa per Nigrizia, ma non voleva… Ha parlato di un po’ tutta la sua vita, delle sue scelte. Era una donna profondamente innamorata di Dio, impregnata di una spiritualità anche fortemente influenzata da Charles de Foucauld: il senso della contemplazione, della presenza silenziosa tra i non cristiani… Di qui, ecco la scelta di un ambiente come Wajir, nel nord-est del Kenya, tra i musulmani, dove è rimasta per diciotto anni. E ci stava veramente bene. Era amata da tutti, seguiva i malati, gli handicappati…

«Un giorno io, che non mi ero mai interessata di politica, ho visto arrivare nel mio piccolo dispensario gente tagliata a pezzi… Ho cominciato a capire che era in atto un vero e proprio massacro», mi raccontò in quel nostro incontro. Ma quando si rese conto di quanto stava accadendo, ormai Wajir era isolata, tagliata fuori (senza telefono), accerchiata dall’esercito. «Non posso vedere gente massacrata così!». Scrisse un biglietto dando le notizie essenziali di quanto accadeva e riuscì a trovare qualcuno di fiducia che riuscì ad attraversare tutti i controlli e ad andare a piedi a un’altra città. Di là a Nairobi, alla Bbc. Il governo così si trovò scoperto, con l’internazionalizzazione della notizia. Ma capì che chi aveva potuto darla era soltanto lei.

L’hanno obbligata a lasciare Wajir per Nairobi, dove le hanno dato 48 ore di tempo per lasciare il paese. A Nairobi ha tentato di tutto… chiedendo anche udienza al cardinale, invano… ma anche lui doveva avere paura.

A Wajir si era perpetrato un vero e proprio massacro, conseguente al fallito colpo di stato del 1982, e dietro c’era il capo dell’esercito, che rimase tale fino a 5-6 anni fa. Costui inizialmente era parte del complotto, poi ha cambiato bandiera, e il massacro dei degodia di Wajir rappresentava un regolamento di conti interno. Il Daily Nation di Nairobi un paio d’anni fa ha rivisitato l’episodio, rivelando anche l’esistenza di una fossa comune.

Annalena ci teneva a raccontarmi quella vicenda, ne era ancora ferita. «Ma sento che adesso la Somalia è il luogo dove devo dare la vita», ci confidò. Negli anni passati a Merca, nel sud del paese, ebbe grossi pasticci (è a Merca che nel 1995 sarà poi uccisa la dottoressa Graziella Fumagalli, volontaria della Caritas. All’epoca rilasciò anche un’intervista a Ilaria Alpi. Quando Annalena si sentì eccessivamente minacciata, si trasferì nel nord del paese, nel Somaliland.

Ciò che più mi colpì di quella giornata, in cui celebrammo anche l’eucaristia, fu la sua profondissima spiritualità. La sua capacità di riflettere, di pregare… E il suo profondo rispetto per l’altro. Nell’ambiente missionario purtroppo è facile sentir parlar male dei musulmani; lei invece aveva un senso profondo di rispetto per i somali, per i musulmani.

Annalena Tonelli dovrebbe essere uno dei nostri modelli di presenza missionaria in seno al mondo islamico: essere presenti, fare del bene, senza tante storie… Il martirio ora le dà uno spessore ancora più grande. E anche per il coraggio che ha avuto di andare avanti comunque, anche da sola… Una condizione che in contesto islamico dev’esserle pesata moltissimo.

Ci sono due donne che la nostra chiesa italiana dovrebbe particolarmente valorizzare a livello missionario. Sono un’altra dottoressa, Luisa Guidotti, di Modena, che venne uccisa nell’allora Rhodesia (oggi Zimbabwe) nel 1979, e Annalena Tonelli».

– Miela Fagiolo D’Attilia e Roberto Italo Zanini, Annalena Tonelli. Un amore più forte di ogni odio, Ed. San Paolo – 2006

– Katiuscia Moltisanti, Annalena Tonelli, EMP – 2009

– Miela Fagiolo D’Attilia e Roberto Italo Zanini, «Io sono nessuno». Vita e morte di Annalena Tonelli, Ed. San Paolo – 2012

– Annalena Tonelli, Un silenzio che grida. 10 anni dopo, Ed. Ass. Pimedit – 2013

– Annalena Tonelli, Lettere dal Kenya. 1969-1985, EDB – 2016

– Annalena Tonelli, Lettere dalla Somalia 1985-1995, EDB 2016

– Annalena Tonelli, Lettere dal Somaliland 1996-2003, EDB – 2018